Nuove prospettive e un nuovo studio sul disturbo ossessivo compulsivo

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 12 ottobre 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo scorso mese di maggio, per introdurre uno studio che tendeva ad isolare le componenti transculturali della sintomatologia del disturbo ossessivo-compulsivo, ho esposto in una sintesi estrema gli aspetti principali dell’evoluzione cui è andata incontro la psicopatologia di questa condizione di sofferenza psichica; mi sembra opportuno riproporla per introdurre due prospettive sulle quali si indaga e un nuovo studio condotto su donne nel periodo che segue il parto:

“Emil Kraepelin, nel quarto volume del suo celebre trattato di psichiatria, data al 1860 le prime osservazioni psicopatologiche sul comportamento ossessivo[1] ma, come riporta Sandor Rado nell’edizione italiana dello storico American Handbook of Psychiatry diretta da Silvano Arieti[2], si dovrà attendere Sigmund Freud per la precisa definizione di un’entità clinica denominata nevrosi ossessiva. Da quel momento in poi, e fino a tempi recenti, il paradigma interpretativo impiegato dal fondatore della psicoanalisi si fonde nella cultura psichiatrica con gli elementi oggettivi e costanti che costituiscono la forma dello psichismo e i sintomi del disturbo, consolidando una concezione erronea della genesi dei processi psichici associati alla sofferenza del paziente, come si può verificare con la lettura della descrizione del quadro clinico nella lezione 17 dell’Introduzione alla Psicoanalisi.

L’acuta capacità di analisi, l’abilità descrittiva e narrativa, associata ad un’intelligenza creativa non comune, hanno consentito a Freud di elaborare testi che, oltre ad avere il pregio di attagliarsi alla fenomenica emergente e a quanto riferito dai pazienti affetti dal disturbo, forniscono spiegazioni plausibili e per certi aspetti convincenti dell’origine psicodinamica dei sintomi, nell’ambito di un presunto arresto dello sviluppo libidico allo stadio anale. Nel corso dei decenni, con l’entrata di alcune chiavi di lettura psicoanalitiche nella cultura popolare e con il diffondersi delle interpretazioni psicodinamiche dei sintomi anche grazie agli stessi pazienti che le hanno divulgate, si è andata affermando la convinzione generale di una genesi psicologica delle ossessioni, dei comportamenti rituali, degli atti di annullamento, delle formazioni reattive e di tutte le altre manifestazioni.

Ancora oggi, che in psichiatria si è abbandonato da molto tempo il modello patogenetico psicodinamico e si vanno delineando con sempre maggiore precisione le basi neurobiologiche e neurofunzionali del disturbo ossessivo-compulsivo, esistono psicologi e psicoterapeuti che continuano a impiegare quel paradigma. Lo stato attuale delle conoscenze suggerisce il determinarsi, per effetto di fattori genetici, di un condizionamento funzionale che squilibra i rapporti fra sistemi neuronici che mediano singoli processi psichici, causando la produzione dei sintomi. L’iperfunzione del sistema di segnalazione dell’errore e l’uscita dal controllo a feedback di circuiti che sono spenti quando un atto materiale o mentale è stato compiuto, possono spiegare le ripetizioni di azioni[3] e le reiterazioni del pensiero[4]. Naturalmente, il profilo delle alterazioni neurobiologiche che influenza la fisiologia cerebrale opera all’interno di una dimensione psicologica delle dinamiche mentali, che si fa responsabile della complessa fenomenica intrapsichica e comportamentale che caratterizza ciascuna delle persone affette dal disturbo”[5].

Prima di recensire lo studio sui sintomi ossessivi nel periodo post-partum, si discute brevemente di due potenziali vie da seguire per lo sviluppo di nuovi trattamenti fondati sulle nuove conoscenze biologiche circa la fisiopatologia del disturbo.

Il trattamento farmacologico del disturbo ossessivo-compulsivo è stato tentato storicamente con gli antidepressivi inibitori triciclici della ricaptazione della serotonina, imipramina e amitriptilina; successivamente, sebbene con questi farmaci i risultati positivi fossero incostanti e limitati ad una bassa percentuale di casi, con l’introduzione degli inibitori selettivi della 5-HT o SSRI, il trattamento con i nuovi antidepressivi è divenuto lo standard per molte scuole di psichiatria. L’apparente efficacia in una percentuale di casi maggiore di quella dei farmaci triciclici, ha indotto l’elaborazione di una congettura ad hoc ed ex post, che è stata impropriamente etichettata “teoria serotoninergica del disturbo ossessivo-compulsivo”. In realtà, dal 40 al 60% dei pazienti affetti dal disturbo non risponde neanche minimamente a questi farmaci o ad altre strategie terapeutiche dirette sui sistemi serotoninergici, e nella restante percentuale la quota degli uomini, come nella depressione, è ancora più bassa e, in entrambi i sessi, l’efficacia risulta incostante o tende a svanire nei trattamenti protratti.

Lo scorso anno Daniela Marazziti e colleghi hanno fatto il punto delle conoscenze sulle più recenti proposte terapeutiche derivate dalle nuove conoscenze neurobiologiche, con un particolare focus sul sistema di segnalazione del glutammato e sul sistema immunitario.

(Marazziti D., et al., The Glutamate and the Immune Systems: New Targets for the Pharmacological Treatment of OCD. Current Medicinal Chemistry 25 (41): 5731-5738, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria, Università di Pisa, Pisa (Italia); Dipartimento di Neuroscienze Rita Levi-Montalcini, Università di Torino, Torino (Italia).

Recenti ricerche hanno confermato l’ipotesi da più parti sollevata in un passato recente, ossia che la neurotrasmissione basata sul principale mediatore eccitatorio del cervello e di tutto il sistema nervoso centrale, possa avere un ruolo nelle componenti produttive dei sintomi. Fermo restando che i processi della patogenesi sono da rintracciarsi nella fisiologia dei sistemi e non obbediscono a un criterio legato al trasmettitore, le reti neuroniche risultate iperattive al neuroimaging[6] adottano prevalentemente il glutammato come molecola di segnalazione. Una serie di studi clinici, fra i quali vi sono articoli che hanno riportato il miglioramento di sintomi ossessivi in pazienti trattati per altri disturbi con molecole agenti sulla neurotrasmissione glutammatergica, supportano l’efficacia potenziale di farmaci modulanti il glutammato.

Il ruolo del sistema immunitario nella patogenesi del disturbo ossessivo-compulsivo, particolarmente nell’adulto, richiede ancora molti studi per poter essere definito; intanto, i risultati discussi nella rassegna di Daniela Marazziti e colleghi dello scorso anno appaiono incompleti e propongono alterazioni immunitarie differenti e talora contrastanti. In età pediatrica, invece, si ha già qualche certezza, in particolare al riguardo del sottotipo del disturbo ossessivo-compulsivo causato da infezioni da streptococco β-emolitico di gruppo A, che rientra nella categoria indicata dall’acronimo PANDAS (pediatric autoimmune neuropsychiatric disorders associated with streptococcus).

In sintesi, queste due possibilità terapeutiche richiedevano lo scorso anno e richiedono ancora ulteriori studi.

Consideriamo ora uno studio che, indagando la presenza in una percentuale significativa di donne nel periodo post partum di manifestazioni sintomatologiche comunemente descritte tra i tratti clinici distintivi del disturbo ossessivo-compulsivo, implicitamente attrae l’attenzione sugli eventi fisiologici connessi con la conclusione del periodo gestazionale, quali fattori patogenetici o semplicemente precipitanti la comparsa dei sintomi.

 (Miller M. L. & O’Hara M. W., Obsessive-compulsive symptoms, intrusive thoughts and depressive symptoms: a longitudinal study examining relation to maternal responsiveness. Journal of Reproductive and Infant Psychology – Epub ahead of print doi: 10.1080/02646838.2019.1652255, 2019).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychological and Brain Sciences, University of Iowa, Iowa City, IA (USA).

Il periodo post-partum, anche per il rapido cambiamento di regime neuroendocrino cerebrale, si caratterizza come un intervallo temporale della vita con alta probabilità di sviluppo di disturbi depressivi e, per tale ragione, è stato attentamente vagliato e analizzato in numerosi lavori di ricerca. Sono stati così ottenuti risultati sperimentali che hanno fornito le basi per definire un insieme di nozioni relative ai processi patogenetici e ai tratti clinici della depressione perinatale.

Ma, anche se in questo periodo sono comuni pensieri intrusivi legati al bambino e sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo, quali la necessità di verifiche ripetute, il bisogno di ordinare o riordinare elementi asimmetrici o disarmonici e la spinta verso azioni di lavaggio ripetute, questa fenomenica non è mai stata studiata con la sistematicità, l’attenzione e il seguito di interesse che vi sono stati per la depressione. Miller e O’Hara si sono prefissi lo scopo di indagare i rapporti delle manifestazioni depressive del periodo perinatale con i pensieri intrusivi e i sintomi ossessivo-compulsivi, e verificare la relazione esistente fra questi elementi psicopatologici della madre e la qualità del rapporto madre-figlio, in particolare per ciò che concerne la responsività materna.

A tale scopo sono state incluse nel campione 228 donne reclutate subito dopo il parto in un grande centro medico universitario del Midwest degli USA. Lo stato psichico delle donne è stato valutato mediante l’impiego di questionari standardizzati per l’accertamento di pensieri intrusivi del periodo puerperale, di sintomi depressivi e ossessivi, di strategie volte alla neutralizzazione di pensieri e impulsi ossessivi e della cosiddetta responsività materna. L’accertamento mediante questionari è stato condotto la prima volta a due settimane dal parto e la seconda volta, in funzione di verifica, 12 settimane dopo il parto.

I risultati mostrano che la responsività materna era significativamente più bassa nelle donne che erano disturbate da pensieri intrusivi, dalla coazione a porre in atto strategie di neutralizzazione e da sintomi ossessivi di rilievo clinico.

Interessante notare che pensieri intrusivi e dinamiche di annullamento di entità grave erano associate alla responsività materna ma non consentivano di prevedere lo sviluppo di sintomi depressivi. D’altro canto, le manifestazioni psicopatologiche di depressione erano associate a bassi livelli di responsività materna durante tutto il periodo puerperale.

Miller e O’Hara, nel commento conclusivo dei risultati ottenuti, osservano che un numero considerevole di donne, dopo la nascita del proprio bambino, sperimenta pensieri intrusivi tematicamente inerenti all’esperienza di quel periodo e impiega strategie di annullamento, specialmente nel contesto di manifestazioni psicopatologiche depressive. L’influenza maggiore sulla responsività materna è dei sintomi depressivi; tuttavia, è apparsa evidente la necessità di affrontare terapeuticamente i pensieri intrusivi e i sintomi ossessivo-compulsivi, per promuovere la salute della madre e salvaguardare il benessere della prole.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-12 ottobre 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Kraepelin E., Psychiatrie, Vol. 4, p. 1823, Barth, Leipzig, 1915.

[2] Arieti S. (a cura di), Manuale di Psichiatria in 3 voll., vol. I, p. 339, Boringhieri, Torino 1985.

[3] Ripetizioni che avvengono secondo costruzioni coscienti create sul bisogno inconsapevole di ripetere: ad esempio, lavarsi le mani un certo numero di volte tali da garantire – secondo la frequente razionalizzazione del paziente – una sicurezza igienica. Il numero delle ripetizioni, assimilato alle pratiche di “pensiero magico dell’ossessivo” secondo il modello psicoanalitico, potrebbe semplicemente derivare da un’esperienza di spegnimento del circuito iperattivo, e con questo della spinta ad agire, dopo un dato numero di reiterazioni.

[4] Una base neurofisiologica alterata, in cui manca il feedback negativo che dovrebbe spegnere il circuito che avvia l’ideazione, potrebbe portare alla rielaborazione indefinita che fa apparire il paziente dubbioso. Freud afferma: “… il dubbio si insinua nel campo intellettuale, e a poco a poco corrode anche ciò che abitualmente è più certo. Il tutto sfocia in una sempre crescente indecisione, mancanza di energia, limitazione della libertà” [Freud S., (1915-17) Introduzione alla Psicoanalisi, Universale Scientifica Boringhieri, N. 39/40, Torino 1969].

[5] Note e Notizie 04-05-19 confronto fra sintomi ossessivi di due culture diverse.

[6] Si veda Note e Notizie 24-03-18 Nuovi elementi sulle connessioni cerebrali nel disturbo ossessivo-compulsivo, Note e Notizie 13-01-18 correlati fMRI del disturbo ossessivo-compulsivo.